CAPITOLO 8: RECOVERY


Attorno a lui il disordine della sua vita gli era apparso in ogni angolo della sua cuccia rappresentato da tutte le carte i rifiuti e le bottiglie vuote che aveva accumulato nel rimando sistematico dei problemi. Perfino il Tasso gli faceva notare che neanche una Tarma bulimica sarebbe entrata mai nella sua tana.

A quel punto aveva cominciato a mettere ordine, catalogare, eliminare.

Ma, cosa strana, nel pericolo che avvertiva presente, non lo faceva più meticolosamente, geometricamente e inutilmente ma dava senso alle sue azioni. Alla qualità della vita tesa al progetto, al miglioramento dei propri talenti, alla conoscenza.

Per le coccole c'erano sempre le terme di acqua calda, massaggi e diete.

Leggendo e appassionandosi ai musei aveva imparato a riconoscere il cammino di altre persone sensibili e i loro sforzi di sopravvivenza per mettersi in contatto con altri attraverso l'espressione della loro esperienza.

Collegandosi alla creatività e inizialmente sfornito di mezzi d'espressione aveva cominciato a cucinare. Gli piaceva andare a caccia di cibo, lo faceva sentire appartenente alla realtà.

Coi complessi che circolavano fra le femmine circa il loro degrado a subcasalinghe, cucinare era un ruolo che lo avrebbe aiutato in società.

Contemporaneamente aveva cominciato a tenere un diario. Gli sembrava di comunicare in qualche modo con qualcuno. E le domande, i sogni, i pensieri più ricorrenti si affollavano naturalmente sulle pagine aiutandolo a districarsi fra desideri e paure. Cominciava a conoscerli e ad affrontarli.

Poi ne discuteva con la sua libraia Matilde, una mantide religiosa molto affascinante a cui parlava dei suoi film favoriti e che andava a trovare sempre più spesso quando smontava dal lavoro, anche quello in serio pericolo.

A Matilde aveva confidato la lista dei suoi desideri in cui compariva al primo posto la voglia di avere una compagna, seguita dalla voglia di dire di no a tutte le inutilità che costellavano la sua vita compreso un lavoro che faceva solo per dovere. Le aveva anche confidato che voleva seguire l'esempio di animali che ammirava, e non più quello dei destabilizzatori.

Ormai aveva preso le distanze anche da Goofie, dalla sua letargia, dal suo ipercriticismo. Non aveva tempo per tutto questo. Doveva concentrarsi sempre di più su quello che gli stava a cuore.

Nel far ordine in casa sua e sulla sua scrivania, aveva buttato quasi tutto.

Era come far ordine nella sua mente. Più era pulita e meno attirava inutilità. E se il vuoto fosse diventato orribile senza più niente da esprimere? Ci avrebbe pensato più avanti e comunque essere ricettivo e non scontroso lo avrebbe aiutato. Così come il desiderio di essere utile agli abitanti del suo territorio. Erano le uniche cose che lo aiutavano a superare il momento traumatico. Il pelo ricresceva e le unghie non si spezzavano più a furia di strapparlo.

Non controllava più i messaggi compulsivamente quando andava a trovare la madre che ovviamente era sorpresa dal suo nuovo modo di essere.

Era diventato anche più bello perché prendeva vitamine e si curava senza sforzare troppo i muscoli con quel body building estenuante di prima, improntato solo all'estetica.

Esorcizzava i pensieri fissi lasciando che venissero a galla. Anzi li richiamava a determinate ore del giorno. Per esempio dalle 8 alle 9 del mattino e dalle 10 alle 11 di sera. Sdraiato sul letto si faceva il pieno di Lovie e Rènè avvolti dalle ragnatele, teneramente abbracciati, l'uno nelle zampe dell'altra. Sceneggiava le loro risate, le loro cenette a lume di candela, la loro intimità. Era doloroso ma con queste scadenze forzate, le immagini erano diventate un po' ripetitive e sbiadivano con lo scorrere dei giorni. Anche l'emozione sbiadiva, ma non la mancanza di Lovie: quella era sempre forte al di là di Rènè e delle rimozioni.

Ne era contento perché significava che non era scollegato dal desiderio, che la paura mollava la sua presa man mano che Gummy si allontanava dal non essere.

Ormai non si ingozzava più di patatine e gin e nemmeno di fieno. Mangiava soltanto le cose che gli piacevano aspettando di potersele permettere in un buon ristorante o cucinate da lui stesso.

Da buon orientale frequentava corsi di yoga e una volta alla settimana si faceva fare un massaggio e un impacco di crema al pelo.

Di notte anziché prendere tranquillanti pensava a un romanzo che voleva scrivere e poi ne parlava con un gruppo di animali da cortile che gli facevano da supporto in questo delicato passaggio della sua vita.

Il tacchino era il suo grande amico. Ogni Natale rischiava di finire in padella e per questo aveva sviluppato un'affascinante fatalismo. Avendo rischiato così spesso la morte, Taky era diventato buono. E se questo insospettiva gli aironi e gli struzzi perché si nutrivano di luoghi comuni basati sull'utilitarismo era invece oro per Gummy nel suo dubbio amletico se vivere, morire o dormire.